Centoquarantatre milioni di euro di contributi pubblici. A tanto ammonterebbe la fronde perpetrata in diversi anni dalla Biolevano (Olevano Lomellina) falsificando documenti ufficiali per mascherare la provenienza del legno. È quanto emerge dalle indagini condotte dalla Procura di Pavia, indagini che dalle primo ore di oggi ha portato all’esecuzione di undici misure cautelari (6 arresti domiciliari e 5 obblighi di firma) e oltre cinquanta perquisizioni in Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Sardegna e Lazio ,nell’ambito di una maxi truffa nel settore delle energie rinnovabili.
L’operazione che vede impegnati più di 200 militari, con il supporto di unità aeree e con l’ausilio anche di cash dog della Guardia di Finanza, coordinata dal Sostituto Procuratore Paolo Mazza di Pavia.
Tutto nasce quando, nel 2011, per aderire al protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici e per rispettare gli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, sono stati introdotti specifici incentivi economici per l’uso di energia da fonti rinnovabili, tra cui, le biomasse legnose.
La legge, però, subordina tale incentivo economico all’utilizzo di legname proveniente da un razionale e corretto sfruttamento dei boschi che assicuri di preservare il loro naturale ciclo vitale e, per tale motivo, impone rigide regole sulla provenienza e sulla tracciabilità delle biomasse bruciate.
Ma la nobile finalità di contribuire alla riduzione dell’emissione dei gas serra, pur preservando il patrimonio boschivo nazionale, non sembrava interessare i vertici della Biolevano che, invece, erano proiettati ad accaparrarsi fraudolentemente gli ingenti incentivi statali. E si trattava di contributi estremamente allettanti.
Per dare un ordine di grandezza basti osservare che per ogni milione di euro di energia venduta, la Biolevano percepiva dal Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) oltre 3 milioni di euro di contributi, ovvero, il massimo degli incentivi possibili.
Questo cospicuo incentivo, come risulta dall’accordo siglato nel 2012 tra la Biolevano e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAF), era possibile solo perché la Biolevano si era impegnata a utilizzare esclusivamente legname tracciato, certificato e proveniente da zone limitrofe all’impianto (max 70Km).
Ma era un impegno solo sulla carta, poiché, attraverso una fitta rete di complici, i vertici della Biolevano acquistavano qualunque tipo di legname ovunque reperibile (a volte anche all’estero) purché al minor prezzo possibile! Assicuratasi la materia prima ad un prezzo nettamente inferiore ai propri competitors (dal 30% al 50% in meno) per far risultare il legname di provenienza locale e tracciato ai vertici della Biolevano bastava falsificare le carte, cioè, falsificare i documenti di trasporto e le fatture.
Con tali artifizi e raggiri gli odierni arrestati sono riusciti a frodare negli ultimi cinque anni contributi per oltre 143 Milioni di euro. Soldi erogati dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ma in ultima analisi prelevati dalle tariffe delle bollette elettriche pagate da tutti noi cittadini, attraverso una specifica voce in bolletta a sostegno delle energie rinnovabili.
L’indagine sulla maxi truffa è partita nell’ottobre del 2019, sulla base di un’attività di intelligence della Procura, poi sviluppata insieme alla Compagnia Guardia di Finanza Pavia, ha consentito di disvelare questo sistema di frode impernato, in ultima analisi, sulla falsificazione di documenti di trasporto e fatture. È stato dimostrato come la centrale elettrica, appena raggiunto il pieno regime di funzionamento, abbia sistematicamente ed illegalmente acquistato legname e biomasse non tracciate e ubicate ben oltre i 70 km di distanza previsti dalla normativa di settore, approvvigionandosi da fornitori non abilitati a certificare il prodotto, da aziende di trasformazione del legno non rientranti negli accordi quadro e da commercianti anche esteri.
Tra le centinaia di carichi attenzionati in fase di indagine i militari della Guardia di Finanza, a solo titolo esemplificativo, hanno accertato come parte del legname “falsamente tracciato ed a km zero” provenisse dalla Svizzera e come, molti degli autisti di biomassa, viaggiassero persino con due documenti di trasporto: uno vero con provenienza non incentivabile che veniva distrutto non appena il carico arrivava nei pressi dell’impianto e uno falso redatto ad hoc che veniva conservato agli atti per dimostrare agli ispettori del ministero che tutto era regolare.
Il ruolo di principale promotore della maxi truffa, si legge in una nota Ansa, lo avrebbe svolto Pietro Franco Tali, ex amministratore delegato di Saipem, tra le persone finite ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sulla maxi-truffa riguardante le energie rinnovabili condotta dalla Procura di Pavia. Il manager aveva quote della Biolevano, nel Pavese, che si occupava di lavorare gli scarti legnosi ma le aveva cedute a una società risultata a lui riconducibile.
Sul fronte dei fornitori di legname, le attività investigative, durate circa un anno, hanno permesso di individuare, per gli anni che vanno dal 2012 al 2019, altri tre soggetti, amministratori di società che, in associazione tra loro e con i vertici della centrale elettrica, si sono adoperati affinché la stessa potesse ottenere fraudolentemente il massimo contributo statale disponibile.
Le perquisizioni e i sequestri della copiosa documentazione e dei supporti informatici che le fiamme gialle stanno eseguendo in queste ore, potrebbero portare ad ulteriori sviluppi investigativi in relazione ad aspetti ancora da chiarire circa la reale provenienza e qualità di alcune partite di materiale conferite presso gli impianti della Biolevano.
Parimenti saranno eseguiti mirati accertamenti sia di natura documentale che attraverso l’acquisizione di informazioni, al fine di individuare ulteriori figure, fisiche e giuridiche che, nel corso degli anni si sono occupate di eseguire perizie agronomiche inalizzate alla quantificazione della biomassa presente nella “filiera corta” locale.
La Guardia di Finanza ed i Carabinieri, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, confermano così il costante e incisivo impegno a tutela del mercato, dei cittadini e degli imprenditori onesti in linea con le strategie d’azione del Corpo della Guardia di Finanza, volte a rafforzare il contrasto ai fenomeni illeciti più gravi e insidiosi, integrando le funzioni di polizia economico-finanziaria con le indagini di polizia giudiziaria e garantendo il perseguimento degli obiettivi di aggressione dei patrimoni dei soggetti dediti ad attività criminose, al fine di assicurare l’effettivo recupero delle somme frutto, oggetto o provento delle condotte illecite.