Tommaso Barbieri nella giornata di ieri ha fatto il suo debutto in Serie A. Un momento che il giovane talento della Juventus non potrà mai dimenticare. Allo stesso modo, anche chi ha avuto modo di conoscerlo di persona, non può che essere orgoglioso del percorso che il giovane gambolese ha deciso di intraprendere. Antonello Cordedda, attualmente tecnico della scuola calcio del Gambolò, può raccontare di aver allenato e contribuito a far crescere proprio Barbieri. In un’intervista esclusiva rilasciata alla nostra redazione, ha voluto raccontarci la sua esperienza, la sua idea di calcio e naturalmente il ricordo che ha del baby talento bianconero
Cordedda: “Barbieri un ragazzo serio, umile e convinto di quello che fa”
Antonello Cordedda: “Barbieri un predestinato, un onore allenarlo”
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Mister, per iniziare, può dirci tre aggettivi adatti per descrivere al meglio le qualità di Barbieri?
“Premetto che l’ho visto nascere. Barbieri ha fatto la scuola calcio a Gambolò quando aveva 6 anni. Era ancora piccolino, ma me lo ricordo come un furetto che dribblava tutti. Si notava già che possedeva un talento straordinario. Leggendo i giornali ho visto che ha percorso parecchia strada. Posso affermare chiaramente che per me è stato un onore allenarlo. È un ragazzo squisito umile e d’oro: mi saluta sempre quando mi vede. Ieri, al momento del suo esordio, ero al bar a vedere la partita e ho fatto filmati e fotografie a Tommaso. Saranno ricordi che porterò con me. E’ serio, rispettoso e convito di quello che fa”
Cosa significa per lei aver avuto modo di allenare un ragazzo che ha raggiunto la Serie A?
“Per me è sicuramente un motivo di orgoglio e di vanto. Ma penso che anche per la società e la città di Gambolò si possa dire esattamente la stessa cosa. Ho avuto modo di vedere, anche se non l’ho mai allenata, Tatiana Bonetti. Anche lei era piccolina, si stava allenando e ha fatto un numero che ha lasciato davvero tutti a bocca aperta. Il talento è qualcosa di innato, ma deve essere anche coltivato e portato avanti. Lei e Tommaso ci sono riusciti: i risultati sono sotto gli occhi di tutti”
Quali sono gli ingredienti necessari ad un calciatore per arrivare così in alto?
“Avere testa e maturità. Entrare nell’ottica di fare il calciatore come lavoro. E’ una scelta che, naturalmente, comporta importanti sacrifici e rinunce. Ci si deve allenare con convinzione, bisogna seguire una dieta specifica, non si deve fare tardi la sera. Barbieri è sempre rimasto umile. Quando capita che sale a Gambolò e mi incontra, non si astiene dal salutarmi e dal parlarmi. Come ho detto, sono fiero di aver comunque fatto parte del suo percorso”
In generale, quale dovrebbe essere il lavoro delle scuole calcio e delle società del territorio per crescere e coltivare dei futuri talenti?
“Prima di tutto, da allenatore mi sento di ribadire che bisogna farsi volere bene dai propri ragazzi. Per quanto riguarda la crescita, occorre avere un approccio molto tranquillo. Incoraggiare sempre i propri giocatori. Sin dalla scuola calcio si deve assolutamente insegnare tecnica, quindi la postura, come stoppare la palla, i movimenti da fare. Io lavoro molto su tutti questi aspetti con i miei bambini. Ricordo che avevo un allenatore che mi faceva fare un sacco di stop. Punto tanto su questo. Per fare crescere dei giocatori preparati serve questo: tanta ma tantissima tecnica”
Cosa occorre, invece, al calcio del territorio pavese?
“Più gente competente nei campi da gioco. Dirigenti, direttori sportivi e allenatori che facciano ciascuno il proprio dovere. Se ognuno pensa a fare quello che vuole in modo del tutto arbitrario, non si va da nessuna parte. Servono direttori sportivi che capiscano di calcio. L’allenatore deve gestire un gruppo, deve diventare il primo punto di riferimento per ogni singolo giocatore”