Secondo i dati raccolti dal Serd (Servizi per le Dipendenze patologiche) di Pavia nel 2020 i nuovi ingressi, per quanto riguarda le tre sedi del capoluogo, Voghera e Vigevano, sono stati trecentonovantasei. Nella fascia d’età tra i sedici e ventinove anni i pazienti sono stati centotrentasei, pari quasi al quarantasei per cento di tutte le nuove accoglienze. I ragazzi compresi nella fascia d’età che va dai quindici ai diciotto anni, invece, sono il sei per cento (dato in aumento: nel 2018 erano quasi il tre per cento, mentre nel 2019 erano il quattro).
Ne abbiamo parlato con chi, questi dati, ce li ha forniti: la dottoressa Cinzia Priora, responsabile del Serd Pavia e Oltrepò, e da Assunta Lanza, dirigente Medico della struttura.
“Il dato si è quasi triplicato e la cosa fa riflettere. Sono numeri molto importanti, gli individui con problemi di abuso, rispetto agli anni scorsi, si presentano prima, un tempo la fascia d’età era tra i trenta e i trentanove anni, ad oggi si è spostata indietro quasi di un decennio.
Fortunatamente questo ci indica anche che i nuovi ingressi usano da meno tempo e che, quindi, possono essere trattati prima e con migliori risultati. Le sostanze utilizzate dai nuovi sono cocaina e alcool, mentre per la fascia più giovane si parla anche di cannabis (con la cocaina in secondo piano). La sostanza alcolica è una costante, anche durante il periodo delle restrizioni le si potevano comunque trovare nei supermercati”.
Il Direttore di Asst Pavia Michele Brait chiede al Comune uno spazio neutro per l’accoglienza dei ragazzi. Cosa ne pensate?
“Siamo d’accordo, siamo stati noi a domandare alla direzione un passo verso questa idea. Volevamo uno spazio utile per un primo ascolto dei ragazzini e, soprattutto, per genitori e insegnanti che vogliono avere informazioni con connotazione più neutra rispetto al Serd. Poi, però, l’obiettivo è quello di riportarli da noi per la presa in carico e il trattamento vero e proprio”.
I nuovi ingressi possono essere ricondotti alla solitudine dovuta alla pandemia?
“Per l’uso dell’alcool probabilmente sì, ma per le altre sostanze non credo ci sia una connotazione così diretta; questa tendenza, in base alla nostra esperienza, c’era anche prima. Forse durante il lockdown si è accentuato l’attaccamento allo smartphone, stiamo mettendo a punto dei questionari per sondare questa dipendenza. È stato un anno molto particolare, i ragazzi si sono trovati più isolati e hanno provato sicuramente solitudine, può esserci una sfumatura depressiva”.
Tutto questo come si combatte?
“Fornendo ai ragazzi delle strategie per riempire con gratificazioni naturali i momenti di noia, vuoto e solitudine. Si deve aiutare a dimenticare comportamenti appresi in passato – come, ad esempio, lo stare bene quando ci si droga o si beve al sabato sera. Ci si può divertire in altro modo, sembra banale ma è la parte più difficile del nostro lavoro. Non si può parlare solo dei danni che la droga può dare, ma anche insegnare a provare piacere con emozioni naturali e tollerare il vuoto, la noia, i litigi e i brutti voti. I ragazzi di oggi fanno fatica a tollerare, la sostanza sembra farti stare meglio alterando il tuo stato mentale”.