Sono al momento sei, tra professionisti e imprenditori del settore vitivinicolo oltrepdano, le persone indagate dalla Procura della Repubblica di Pavia nell’ambito della nuova indagine, l’ennesima, di un presunto caso di “vino adulterato” che vede al centro Terre d’Oltrepò.
Ieri mattina i carabinieri del gruppo Forestale di Pavia, con i colleghi della compagnia di Stradella e agli ispettori dell‘ICQRF (Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari) della Lombardia, con la collaborazione di un elicottero del Secondo Nucleo Carabinieri di Orio al Serio (Bergamo), hanno perquisito, su disposizione del sostituto procuratore di Pavia, Paolo Mazza, le strutture della società vinicola Terre d’Oltrepò a Broni, Stradella, Santa Maria della Versa e Casteggio.
L’inchiesta scaturisce da un esposto presentato alla Procura da un’azienda da un’azienda del settore della grande distribuzione. In seguito ai risultati di analisi abitualmente eseguite a campione dall’Associazione Unione Italiana Vini su un lotto di bottiglie acquistate dall’azienda presso la società oltrepadana, è stata evidenziata la presenza di una sostanza adulterante, la “diglicerina ciclica”: è seguito il ritiro di queste bottiglie di vino dalla filiera di vendita e la restituzione al fornitore.
L’indagine della Procura d Pavia è finalizzata “a ricercare eventuali quantitativi di vino del medesimo lotto analizzato – si legge in un comunicato dei carabinieri del gruppo forestale – nonché ad accertare l’eventuale presenza della citata sostanza adulterante mediante prelievi e campionamenti che saranno successivamente oggetto di accurate analisi di laboratorio”.
La risposta di Terre d’Oltrepò
“In merito alle operazioni delle forze dell’ordine, si legge nel comunicato ufficiale emesso da Terre d’Oltrepò, si evidenzia che la società è al centro dell’ennesimo accertamento che si è svolto con grande dispiegamento di forze presso i siti di Broni, Casteggio e Santa Maria della Versa. Per fare chiarezza si riferisce ad un fatto riscontrato lo scorso anno, non dipendente dalla cantina e dai soci e su cui la cantina stessa si era già attivata con i propri professionisti e tecnici, con l’ausilio di laboratori terzi, per garantire la necessaria trasparenza in merito. La cantina, prosegue il comunicato, opera nel pieno del rispetto della legalità e non ha mai proceduto all’utilizzo di sostanze vietate nei propri vini. Terre d’Oltrepò è certa di poter fornire ogni necessario chiarimento a tutela dell’immagine e del nome della cantina stessa, dei propri soci e dell’intero territorio”.
La posizione del Consorzio di Tutela
“Non entro nel merito dell’accertamento. Ben vengano i controlli abituali a tutela dei consumatori e del buon nome di un territorio. Non conosciamo quale sia il campione evidenziato e analizzato in questione”, ha dichiarato Gilda Fugazza, presidente del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese.
“Bisognerà attendere che la Procura svolga l’attività giudiziaria. Siamo di fronte a un atto dovuto. Ovviamente il Consorzio sta dalla parte del vino buono, pulito e giusto a garanzia completa delle denominazioni tutelate e del consumatore. È chiaro che non si possono tirare somme affrettate prima di conoscere i contorni del provvedimento e capire la natura del controllo a campione che sta alla base dell’esposto depositato in Procura”, ha proseguito Fugazza. “Il Consorzio da tempo ha intrapreso la strada della sostenibilità delle colture vitivinicole per valorizzare ancora di più la tradizione e la vocazione di questo territorio. E per perseguire questi obiettivi, imprescindibili anche per la rinnovata presidenza e il nuovo Cda, il Consorzio ha da tempo adottato un codice etico. Non è uno strumento di indirizzo legislativo, ma una unità di intenti di un territorio che mira sempre di più ad essere un punto di riferimento della qualità”, ha concluso la presidente del Consorzio Vini OP.