Mino Milani. Un nome e una città. Lo scrittore pavese racconta la sua Pavia tra ieri e oggi. Pavia è la città in cui è nato e in cui vive. Pavia è anche la città in cui ha ambientato moltissime delle sue narrazioni, tra queste anche “Il vampiro di piazza Cavagneria. Una storia pavese del XIX secolo”.
Ci racconta brevemente la trama? «Voglio subito premettere che il vampiro non deve far pensare a un vampiro che succhia sangue; è la storia di un mistero per cui a Pavia, in piazza Cavagneria, a metà Ottocento (Pavia era asburgica) si trova una donna sgozzata per terra. Piazza Cavagneria si chiama così perché vendevano le cavagne, cioè le ceste, allora importantissime. Dopo la morte della ragazza si fanno delle indagini e si scopre che il presumibile assassino è un soldato austriaco. Si parla di vampiro perché, con la scarsa illuminazione che vi era a Pavia, il commissario Melchiorre Ferrari, corso sul posto del delitto, vede un’ombra bianca che fugge per le strade della città. Ferrari allora, avendo gli austriaci la divisa bianca, fa il collegamento con l’omicidio. Viene così fuori la storia che questo soldato dell’esercito austriaco, autore del reato, era il discendente di una famiglia della Transilvania in cui c’era questa superstizione del vampirismo. Il soldato aveva avuto un avo arso vivo in una piazza che assomigliava stranamente a Piazza Cavagneria. Il militare si era così sentito chiamato alla vendetta e aveva ucciso la ragazza».
© Giulia Bargiggia
(leggi l’articolo completo sul numero de Il Punto del 20 marzo 2017)